martedì 30 settembre 2008

IL PICCOLO INCENDIARIO

(Libero adattamento da "La Piccola Fiammiferaia" di Hans Christian Andersen)



C'era una volta Stan, un piccolo bambino di trentotto anni che viveva allegramente nel paese detto Das Narrenschiff, così chiamato perchè la gente che lo abitava non era poi tanto normale e le case e i sentieri erano sospesi su una laguna, cioè galleggiavano.

Stan di mestiere faceva il carpentiere ed era quasi sempre immerso nell'acqua lagunare, intento a riparare i pali delle costruzioni oppure ad aggiungerne di nuovi. Era bravo nel suo lavoro, così bravo da essere malpagato. E questo forse era un bene, perchè quando il capomastro lo pagava, dopo avergli contato le banconote davanti agli occhi, ne faceva un mazzetto e gliele stracciava davanti, lasciandole cadere per terra. Stan doveva raccoglierle e poi attaccarle con il nastro adesivo. Era un tipo tollerante il nostro, sempre disposto a sdrammatizzare; e poi il mal di schiena causato dall'umidità – lavorava quasi sempre con il busto immerso nell'acqua – non gli lasciava molto tempo per dedicarsi ad altro.

Stan aveva un personalità abbastanza brillante, cioè la mente era accesa e spesso fantasticava sugli esiti probabili della sua condizione, che in realtà non lasciava presagire nulla di buono. La sua compagnia era molto ricercata dalle donne di Narrenschiff, che lo preferivano ai loro mariti, sessualmente molto attivi per loro, ma intellettualmente deludenti. Le donne sposate, e non, si divertivano a trascorrere le mezz'ore in sua compagnia – a volte anche le ore – e non si pentivano mai per questo. Poi, siccome ovviamente dovevano anche appagare i propri bisogni corporali, quando tornavano a casa dai mariti, avendo già soddisfatto i propri appetiti spirituali, si ponevano con più foga nel soddisfacimento di quelli carnali.

Stan, nonostante il grande richiamo della sua personalità, non riusciva ad avere presa permanente su nessuna delle ragazze che lo interessavano, e questo talvolta ne faceva scemare la presenza di spirito; sicuramente il più delle volte lo intristiva. Deciso a risolvere questo suo problema, si rivolse alla moglie del capomastro, che esercitava l'arte di conoscitrice di sguardi, cioè guardava in faccia le persone e sapeva dire come erano fatte, ossia il loro carattere, e cosa gli sarebbe capitato. Guardando in faccia Stan, la moglie del capomastro non riuscì ad impedirsi di pensare che il bambino era, in verità, non proprio bello, cioè un pò bruttino, ma non voleva, da persona di tatto quale era, dirglielo direttamente. Gli disse che lui aveva sempre la tendenza a stemperare gli avvenimenti brutti, ad annacquare i dolori – e infatti nell'acqua stava -, mentre ogni tanto gli avrebbe fatto bene lasciarsi andare all'ira; fuor di metafora, non riusciva a riscaldare le donne perchè non aveva calore dentro e non poteva uscire fuori quello che dentro non c'era. Stan uscì dalla casa del capomastro e, ruminando su quel giudizio, pensò che non era forse d'accordo e, per sottolineare questa sua risoluzione, prese un grosso sasso e lo lanciò contro la vetrata principale della casa, quella illuminata dal magnifico abat-jour. Ecco, per la prima volta non aveva sdrammatizzato, si era abbandonato alla prima reazione. E siccome la megera gli aveva diagnosticato la mancanza di caldo, tirò dalla tasca un barattolo di pece e con l'accendino ne accese un pezzetto che aveva spalmato su un rametto, facendosi una piccola torcetta. Dopodichè la prese e la lanciò, attraverso la finestra rotta, all'interno della casa del capomastro, che essendo costruita tutta in legno, con le pareti ricoperte di carta fiorata ed i pavimenti di tappeti, bruciò tutta splendidamente in meno di mezz'ora. Stan non vide il capomastro e la moglie correre fuori per mettersi in salvo, comunque non gli importava. Quanto al danneggiamento dell'immobile, calcolò che grosso modo equivaleva a tutte le creste che il capomastro aveva fatto sulle sue paghe. Quindi erano pari. La casa bruciò di un bel falò. I pompieri non arrivarono, perchè in Narrenschiff non c'era una squadra di pompieri, dato che la città era costruita sull'acqua e quindi, in un modo o nell'altro, l'acqua della palude avrebbe spento gli incendi. Il borgomastro giudicava così che il municipio avrebbe risparmiato un sacco di soldi e, con gli aumenti alle tasse, le casse dell'erario si sarebbero rimpinguate di anno in anno. Siccome poi il bilancio delle entrate doveva essere lo stesso ogni anno, il bravo amministratore prelevava il surplus e lo teneva per sè.

Il falò della casa del capomastro era stato davvero bello. Stan pensò che lo spettacolo si poteva ripetere, tanto per non annoiarsi. Una cosa era sicura, la moglie conoscitrice di sguardi aveva preso una grossa cantonata con lui; infatti se era stato capace di far sprigionare all'esterno tutto quel calore, doveva averne altrettanto all'interno. Stan pensò che aveva delle buone speranze con Fiammetta, la donna per cui spasimava. Inoltre si disse che se avesse riflettuto anche solo un pò sul nome di lei, si sarebbe risparmiato la parcella della megera. Ma tant'è! Il prossimo bersaglio decise che doveva essere il borgomastro: c'era una ragione! L'ultimo anno aveva lavorato quasi sempre sotto la sua casa, per una serie di interventi, prima di riparazione, poi di espansione, aggiungendo alla casa originaria tutta una serie di piattaforme e di pali sotto. Insomma espandi oggi, espandi domani, la modesta abitazione dell'austero amministratore era diventata grande quanto un rione. E siccome si trattava del borgomastro, il capomastro lo aveva costretto a lavorare senza sosta per un anno intero. Va bene l'essere pagati poco, ma almeno il tempo libero doveva essere salvaguardato. E invece no, aveva lavorato sedici ore per ogni giorno. Cosa fece? Entrò in un capanno degli attrezzi, collegato con il complesso edilizio del borgomastro, ed inserì nella condotta dell'aria un grosso mantice, con il quale insufflò nella condotta, di legno, del gas incendiario. Poi si allontanò ad una distanza di sicurezza, uscendo dal capanno, e attraverso la porta aperta lanciò la solita torcetta, che con mira perfetta andò ad inserirsi proprio nella condotta di areazione. I fuochi di artificio si sprigionarono nel cielo, con grande spettacolo e paura degli abitanti di Narrenschiff – qualcuno si divertì, anzi, per non smentire il nome della città, parecchi, sotto l'incalzare delle fiamme che piovevano dal cielo, dettero di matto ed incominciarono a correre nudi per le strade, gridando come tori nella festa di San Firmino a Pamplona.

La casa di Fiammetta era su una palafitta in periferia, in un quartiere isolato che non fu toccato dal propagarsi delle fiamme borgomastrali, che avevano attaccato tutte le abitazioni dei vicini arrondissement. No, quella casa era al sicuro e Stan, sempre quella stessa notte, pensò di far visita alla donna dei suoi sogni, per mostrarle il nuovo corso. Voleva farle vedere che non era più solo un brillante conversatore, ma un maschio a tutto tondo, caldo come un panetto appena sfornato. Quando però fu giunto a destinazione, decise che, anzichè chiamarla, rivolgerle parole lievi, insomma tutte quelle finte cerimonie che tanto felici fanno le donne, avrebbe ottenuto un effetto migliore se avesse sprigionato il fuoco che c'era dentro di lui. E si rafforzò in questo proposito quando si accorse, da gridolini intenti ed estatici, che Fiammetta non era sola, ma in compagnia di un uomo, sicuramente un suo familiare pensò Stan, magari un cugino. Così radunò paglia e fieno e sterpaglie in un grosso covone davanti alla casa e gli dette fuoco. Le sprizze zampillavano in aria come impazzite ed alcune – Stan non aveva calcolato bene il vento – caddero sul tetto della casa di Fiammetta, con le conseguenze che si possono facilmente immaginare. A Stan dispiacque che la sua disattenzione avesse causato l'inavvertito incendio della casa di Fiammetta; poi si dispiacque di meno quando vide un uomo fuggire dalla finestra coperto solo delle brache e la ragazza correre nuda per buttarsi in acqua. Stan pensava che lei, dopo questa dimostrazione di ardore, avrebbe finalmente accolto i suoi profferti d'amore. All'indomani, la città si risvegliò come un tizzone fumante, dato che le case si erano comunicate l'incendio le une con le altre, e Stan si rese conto di non avere più un lavoro. Nemmeno la casa aveva più, dato che la sua distava poco da quella del borgomastro. Pensò che non doveva preoccuparsi granchè, tanto poteva sempre andare a lavorare nel borgo vicino come incendiario – se quella professione non c'era ancora, se la sarebbe inventata. Tanto ora era sicuro di sè, avendo scoperto che possedeva l'ardore e di questo un pò avrebbe dovuto ringraziare la conoscitrice di sguardi.

1 commento:

VeryMagnus ha detto...

La vignetta che avete utilizzato per illustrare il vostro articolo è stata da me realizzata nel 1995.
È già accaduto che la stessa vignetta sia stata utilizzata aggiungendovi delle scritte e proditoriamente cancellando la mia firma...
Vi chiedo cortesemente di toglierla oppure di accreditarmela. Grazie.
Bruno Pittau - www.brokenart.org