venerdì 16 aprile 2010

Il Cacciatore - The Deer Hunter



Ho molto amato questo film che si lega ad una stagione particolare della mia vita, l'adolescenza. Ricordo la prima volta che l'hanno dato in televisione, forse un'emittente regionale, sicuramente non si trattava del circuito ufficiale. E' una storia troppo dura per adattarsi ad una finta realtà patinata come quella rappresentata dal circuito mediatico di oggi.
Il film è prima di tutto un'epopea della degradazione, e da questo punto di vista non c'è soluzione di continuità tra il sobborgo post-industriale dove vivono tutti i personaggi e il fronte di guerra del Vietnam: c'è lo stesso tipo di assedio dell'alienazione, la stessa ossessione a volersi trovare in un altro posto. Non si capisce bene in quale città vivono Michael, Nick e Steven, ma questo in fondo è un aspetto non rilevante perchè essi si trovano in un non-luogo. La fabbrica, il bar, la chiesa, lo stesso posto dove avvengono i lunghi festeggiamenti per il matrimonio di Steven sono dei non-luoghi, per via del disagio che i personaggi avvertono in essi. Si sente la frustrazione del loro sopravvivere quando si trovano lì. Gli unici momenti in cui si avverte - forse - un senso di alleggerimento della loro angoscia sono quelli della caccia al cervo in montagna, prima della partenza per la guerra.
Nonostante la violenza che lo attraversa, questo film contiene momenti di autentico lirismo: quando tutto sembra essere perduto, quando l'incapacità di avere rapporti normali è evidente in tutta la sua nudità, i personaggi si avvicinano. E' come se le corde che legano gli esseri umani gli uni agli altri si mostrassero in tutta la loro rassicurante e cruda certezza. Quando vengono a mancare le sovrastrutture e tutto si riduce ai minimi termini, capiamo che ci salviamo solo se rimaniamo ancorati gli uni agli altri, se troviamo rifugio insieme. I legami fondamentali non si possono spezzare.
E' forse il film più antimilitarista che conosca: in esso la guerra diventa una macchina di tortura, più atroce di quanto ce la facciano immaginare tutte le immagini dei bollettini ai quali siamo abituati. La vera scommessa vinta dal regista, Michael Cimino, sta nel rappresentare la guerra come un corollario della degradazione che i personaggi vivevano già prima. L'orrore, prima ancora di diventare manifesto nelle scene della roulette russa, cova nell'oppressione del paesaggio del sobborgo in cui sono ambientate le vicende della parte iniziale. Si avverte il grigiore, ed è insopportabile. E' come se si volesse far passare il messaggio che l'America ha perso la sua innocenza sia in casa che fuori, il modello di vita della società industriale è oggetto di una critica spietata. Non c'è differenza tra chi muore nella giungla e chi rimane a casa ma non ha più nulla in cui credere, perchè non ci sono modelli positivi. Non si riesce a pensare ad un futuro migliore.
Un'epopea che si rispetti ha bisogno di eroi e qui tutti i personaggi sono di una bellezza ineguagliabile, sia i protagonisti principali che i comprimari, tra questi su tutti spicca John Cazale, che non riuscì a vedere l'uscita del film perchè morì subito dopo le riprese per un cancro ai polmoni. Robert De Niro e Christopher Walken rimangono impressi in maniera indelebile, soprattutto il secondo nella parte di Nick, il personaggio chiave del film.
Vedere questo film per me è stato come passare in una seconda età, come crescere in un mondo diventato improvvisamente più assurdo e brutto. Soprattutto mi è venuta voglia di conoscere la verità ed ho sentito tutta la voglia feroce della politica come movimento di rivendicazione. Mi sono soprattutto sentito un perdente, perchè il mio sentimento prevalente delle cose mi faceva condividere alcune delle angolazioni di quei personaggi. Insomma questo film l'ho sentito molto mio, l'ho molto vissuto perchè era molto nelle mie corde.
Un motivo per ricordarlo sempre con nostalgia - la nostalgia della mia adolescenza forse - è la bellissima colonna sonora, la cavatina di Stanley Myers. Questo brano malinconico e dolcissimo sfuma tutto il dolore dei personaggi e ci comunica al meglio la loro sofferenza. E' come se venisse steso un velo di pietà su di loro. L'immagine che riassume tutto il film è proprio la bellissima conclusione, il brindisi degli amici alla memoria di Nick, dopo il suo funerale. Non sappiamo se la vita va avanti dopo quel momento, resta solo il fermo immagine di un gruppo di amici attorno ad un tavolo che ricordano l'amico morto.