mercoledì 17 dicembre 2008

FATTO DI FANGO

Era una stagione di straordinaria rinascita per Syd, la sua parabola sembrava avviarsi verso un'ascesa di cui non si intravedeva la sommità ed il successivo declino. Tutti i suoi affari prosperavano, e i risultati più brillanti arrivavano senza un particolare dispendio di energie e sforzi. Le puttane all'uscita dei principali locali della main street lavoravano per lui: ogni sera un paio di scarpe nere di vitello lucidissimo ed un colletto ornato da un foulard, sul quale faceva bella mostra di sé una gemma finissima di lapislazzuli, si fermavano su ogni zerbino, lungo la main street, ed una mano allungava, senza esitazione, una mazzetta di dollari. Le scarpe, il foulard e la gemma erano di Syd, la mano, della puttana di turno. Era un piccolo esercito di donnine obbedienti, in rivista davanti al loro protettore.

C'erano poi le puttane che lavoravano per la concorrenza, nessuna di quelle poteva farsi vedere nella main street, erano tutte nelle strade laterali, dalla 42esima alla 63esima. Grazie alla forza di persuasione di qualche gamba spezzata e poche milze macellate, Syd era riuscito a farsi riconoscere una percentuale interessante del loro fatturato, in genere il cinquantuno per cento. Si accontentava di una quota ragionevole, non era esoso, diceva che ci doveva essere benessere per tutti in downtown. Così, oltre a lui, anche gli altri padroncini riuscivano a prosperare. Per quelli che inizialmente si mostravano riottosi, la cura di persuasione era somministrata da Jack Muso di Cane e Nick Mano Mozza, due degli uomini più fidati di Syd, capaci di portare a termine, in maniera pulita, i lavoretti che il capo affidava loro. Niente di grave, in genere, qualche testa rotta, qualche arto spezzato, niente che non si potesse guarire con pochi giorni di convalescenza. Solo in un paio di casi i due luogotenenti si erano trovati di fronte a gente che non teneva in nessun conto la vita umana, soprattutto la propria. Gente che era finita a guardare il cielo dalla parte delle radici, nel campo di Zio Joe. Joe faceva il contrabbandiere di liquori, era il cugino di Syd e da giovane era noto nel quartiere come Joe il Matto, per via di un paio di ubriachi, suoi debitori, che aveva ucciso di persona, a martellate.

Da quando Syd era a capo del giro della prostituzione a downtown, non c'erano più episodi di violenza per le strade, soprattutto perché le regole erano chiare. Da qualche tempo la gente del quartiere lo chiamava il Sindaco, e questo appellativo non si discostava molto da quella che era la sua reale funzione. Nulla di quanto accadeva nelle strade sfuggiva al suo controllo, ogni abitante aveva un suo ruolo, o compito, preciso, come un personaggio di una rappresentazione teatrale, della quale Syd era l'attento regista. I poliziotti, che giravano, a piedi o in automobile, per le strade, erano tutti sul suo libro paga; il mazzetto di dollari che ricevevano, ogni metà ed ogni fine di mese, andava a risollevare le sorti di famiglie mortificate dalla paga di ufficiale della pubblica sicurezza comunale.

Anche il sindaco, quello di carta, cioè con il nome scritto nell'organigramma della municipalità, che ogni giorno si faceva accompagnare dal suo autista nel palazzo del comune, a scaldare la poltrona, riceveva di tanto in tanto delle benefiche elargizioni da parte di Syd, tanto più cospicue quanto meno si occupava delle faccende di downtown. Elargizioni sicuramente gradite, anche se a Mr. Fletcher – questo il nome del sindaco di carta – piaceva sicuramente di più trastullarsi con le giarrettiere delle ragazze creole, che Syd gli faceva arrivare, direttamente in ufficio, quando lui si comportava veramente bene.

Syd abitava in un agiato, anche se non appariscente, appartamento situato al terzo piano di un palazzo della 52esima ovest, un edificio degli anni Venti, con le facciate e gli interni ancora in buone condizioni, qualche crepa nell'intonaco dell'androne, per l'umidità, ma tutti gli appartamenti erano più che decorosi. Tutti gli inquilini dello stabile pagavano la pigione a Syd, pur non essendo egli il legittimo proprietario dell'edificio, il quale però non poteva essere una zona franca per la sua autorità.

Al primo piano abitavano le sorelle Robinson, due floride signore di sessant'anni, che avevano esercitato la professione fino a dieci anni prima, ma che tutt'ora non disdegnavano di fare qualche servizietto occasionale, soprattutto quando si presentavano alla loro porta giovani squattrinati, che non erano in grado di pagare le tariffe delle puttane in pieno esercizio. Le due sorelle arrotondavano così quanto bastava a permettere loro di recarsi a teatro il sabato sera, dove riuscivano, le settimane in cui erano state spesso con le sottane sollevate, ad acquistare i posti migliori in platea. Syd non prendeva soldi dalle due sorelle, un privilegio questo per il quale esse andavano a trovarlo, quando le chiamava, nel suo appartamento, mettendosi entrambe a sua disposizione.

Soprattutto la minore delle due, Edda, poneva un riguardo molto particolare a quelle visite, in previsione delle quali trascorreva parecchio tempo, prima dal parrucchiere, poi nella toelette a passarsi cubetti di ghiaccio sulle gambe, tra le cosce, e sulla pelle dell'addome per tirarla e ringiovanirla il più possibile. Lucidava la dentiera con olio canforato e poi la lasciava a mollo per alcune ore in un bagno di latte e whisky, per togliere il puzzo della canfora e dare all'alito un odore più lascivo. Edda era anche molto brava ad imbellettarsi con sobrietà in modo che le guance e gli zigomi assumessero un bel colore di rosa carne, ma senza che comparissero chiazze a tinte smaccatamente forti. La sera dell'appuntamento rimaneva in piedi davanti alla finestra che dava sulla strada, ricoperta dalla sola sottana – l'appartamento era freddo a quell'ora e il freddo, come si è visto, le tendeva la pelle, rendendola più giovane – mentre, sotto le insegne sfavillanti dei locali, formicolavano i fanali delle automobili, e tutte quelle luci giostravano in un caleidoscopio di riflessi sul soffitto della stanza.

Quando poi una luce particolare si fermava accanto al marciapiede sotto la sua finestra, Edda capiva che doveva prepararsi. Poco dopo un rumore di passi precisi le dava il segnale per incominciare a vestirsi e passarsi il trucco. Mentre si svolgevano tutte queste cerimonie, ella si portava più volte all'armadietto accanto al letto, per attingere a piene sorsate da una bottiglietta di bourbon, cosa che serviva a metterla dell'umore giusto. Due tocchi dello stesso bourbon, prima di uscire, andavano ad inumidire le fossette sul collo, all'attaccatura delle orecchie, ultimo imprinting di vanità per una nottata allegra. Subito dopo la porta si richiudeva alle sue spalle con un rumore soffuso, per non svegliare la sorella maggiore, Rosie. Quella stessa porta si apriva la mattina dopo, verso le sei, per lasciare entrare una figura di donna ingobbita, che, a passi strascicati, si dirigeva verso il letto, sul quale si adagiava ancora vestita dell'abito da sera, che strusciava sulle coperte, non senza avere prima ingurgitato ancora un'altra boccata di bourbon.

Quando la luce del giorno si faceva spazio nella camera, tra le figure consumate dei mobili pesanti, dal buio emergeva sempre un volto di donna, una vecchia discinta, con la faccia e le gambe piene di lividi e, talvolta, uno o entrambi gli occhi anneriti. Non era stato sempre così, le percosse erano arrivate negli ultimi mesi; prima i rientri mattutini erano seguiti sempre da bagli caldi e profumati per togliere dal corpo le fatiche della notte e da lunghi ed intensi minuti sulla sedia a dondolo, nel salotto, con lo sguardo fisso al soffitto, dove i giochi di luce prodotti dalla vita della strada lasciavano il posto a fantasticherie e chimere, che anticipavano l'oblio del sonno. Il periodo delle percosse era iniziato da quando la macchina di Syd aveva preso a rimanere più a lungo ferma accanto al marciapiede, senza che l'uomo uscisse, ed Edda non riusciva a spiegarsi il motivo di quella sosta all'interno dell'abitacolo. Anzi nelle ultime settimane Syd rimaneva sempre più a lungo chiuso lì.

Accadde che una sera Edda scorgesse in strada il furgoncino di Joe il Matto, con il quale l'uomo faceva finta di consegnare il latte ai negozi di alimentari, anche se tutti sapevano che nelle bottiglie non c'era latte bensì whisky, e le bottiglie erano dipinte di bianco fino all'orlo, con un diversivo grossolano ma efficace. La scena che Edda vide era questa: l'auto di Syd si accostava al marciapiede e le luci dei fanali si spegnevano, il furgoncino di Joe il Matto si avvicinava e si fermava proprio dietro l'auto, una donna minuta con le treccine ed il corpo di ragazzina scendeva dal furgoncino, apriva la portiera dal lato del passeggero della macchina di Syd e scivolava furtivamente dentro, richiudendo in fretta. Quella stessa figuretta femminile uscì dopo mezz'ora, per rientrare velocemente nel furgoncino di Joe il Matto, che mise in moto e si allontanò. Quella stessa cerimonia si ripeté in seguito per altre sere ancora.

Era chiaro, a questo punto, che Syd preferiva stuzzicare l'appetito con una puttanella giovane, prima di cucinarsi a suon di ceffoni la vecchia gallina. Edda non vedeva niente di strano in questo atteggiamento, anche se in passato, dopo qualche notte brava, si era illusa di essere entrata nelle grazie del suo magnaccia. Solo, era curiosa di sapere chi fosse la bambolina. Con discrezione e qualche domanda azzeccata piazzata nei luoghi giusti del quartiere, venne a sapere che si trattava di Jill, la figlia di Joe il Matto. Aveva nove anni ed era una ragazzina, nonostante il corpo avesse dato già un notevole sviluppo. Se a Syd piaceva divertirsi con la figlia di suo cugino, questi erano affari suoi e a lei non interessavano, ma il timbro delle percosse e le tumefazioni lungo tutto il corpo stavano diventando un prezzo dolorosamente insopportabile, per quelle che, in principio, dovevano essere delle notti di divertimento. Incominciava a pensare che avrebbe volentieri fatto a meno dell'esenzione dalla pigione, pur di non passare intere giornate a letto, con il corpo spezzato dalla furia delle botte di un uomo già sazio.

La notte del giorno del ringraziamento un filo sottile si spezzò: Edda aprì la porta di casa e, con un tonfo sordo, cadde sul tappeto. Era un tappeto persiano, sul quale era solita giocare da bambina e che sua madre le aveva lasciato, prima di morire. Non riusciva a parlare, la sua voce era rimasta soffocata in gola. Un rivolo di sangue usciva dall'occhio sinistro, che era stato colpito da un pugno secco e preciso quanto micidiale. Nell'occhio era comparsa una macchia rossa, come se le avessero acceso un fuoco dentro la testa. La macchia era poi diventata nera, come se quel fuoco, dopo averla straziata, si fosse spento. Ci vollero parecchi giorni perché la ferita guarisse; alla fine rimase lo sconcio di una cicatrice che solcava tutta l'arcata sopraccigliare sinistra e attraversava il bulbo oculare. Si rese necessario il ricorso ad una benda per nascondere quell'oscenità.

Qualche giovane squattrinato si sarebbe pure potuto accontentare di una mezz'ora trascorsa con una vecchia puttana guercia, ma la sensazione di vedere con un occhio solo era terribile. Anche Syd non volle più vederla. Una conseguenza amara di quell'incidente fu che Edda dovette rinunciare al teatro, dal momento che non aveva il coraggio di presentarsi in società in quelle condizioni. Questa rinuncia le costò parecchio. La sorella maggiore di Edda, Rosie, continuò ad andare a trovare occasionalmente Syd, ed anche lei si prendeva la sua razione di schiaffi.

Una sera di marzo Rosie riferì ad Edda che quella notte Syd voleva che fosse lei a salire e che quindi era il caso di prepararsi. Edda accolse questa richiesta con uno sguardo assente, sia perché con un occhio solo riusciva ad essere sicuramente meno espressiva, sia perché quella richiesta le apparve inspiegabile. Cosa se ne faceva Syd di una sorella guercia, quando poteva sbattersi l'altra, con tutti e due gli occhi ? Si decise: un pensiero strano e risoluto le attraversò la testa ! Da quando aveva perso l'occhio anche i suoi pensieri erano diventati monchi. Si accinse a compiere il solito rito preparatorio, che tuttavia non praticava da diversi mesi, cosa che le arrecò un senso di disagio e di inadeguatezza. Prima di uscire fece la solita bevuta di bourbon, di cui, fortunatamente, non aveva perso il gusto, nemmeno nella sua vita da guercia. Poi uscì.

Quella notte un urlo lancinante attraversò tutto il caseggiato: era Syd. Edda era andata da lui con due lamette da rasoio sistemate sotto la dentiera. Quando, con gesto meccanico, prese in mano l'attrezzo di Syd e se lo cacciò in bocca, incominciò a squarciarlo in una morsa serrata, mentre fiotti di sangue colavano dalle sue labbra. In tutto questo la bocca continuava a mantenersi implacabilmente ed inesorabilmente chiusa sulla sua preda. Syd crollò sul pavimento e si dimenò come un pazzo furioso, ma non riuscì ad arrestare l'emorragia: il dolore lo aveva accecato. Così il Sindaco morì dissanguato.

Il giorno dopo, a mezzogiorno, Jack Muso di Cane e Nick Mano Mozza, uscirono dall'edificio portando a spalle un tappeto persiano: dentro c'era arrotolato il cadavere di Edda. Di colpo tutti gli equilibri nel quartiere saltarono. Ma in realtà questo non era importante: il Sindaco era morto e tutte le puttane erano rimaste orfane.