lunedì 8 settembre 2008

MARSCH DER PRIESTER

Il canto si tace e la musica si svolge solenne e delicata, mentre in scena entrano Sarastro e i sacerdoti. Devono riunirsi in consiglio per decidere del destino di Tamino, al quale hanno riservato una serie di prove, superate le quali egli potrà accedere al regno della luce. Ed allora io cerco di immaginarmi, sotto la guida carezzevole di questo intermezzo sinfonico, come è fatto questo regno. Certo, una lunga consuetudine di letture (soprattutto scolastiche), di immagini (soprattutto cinematografiche), ce lo fanno apparire come un luogo di serena bellezza naturalistica. Mentre il motivo scorre, io, a volo d'uccello, sorvolo un paesaggio fatto di colline dolci, coperte di terrazze di vigneti, uomini ed animali e il tutto si presenta molto riposante alla vista, senza drammatici cambiamenti di luce, colore o forme del suolo. Sembra che i luoghi siano fatti per non recare offesa ai corpi ed ai pensieri. Forse ci sono anche canti, come di solito succede in queste scene bucoliche. Ma questo regno della luce potrebbe essere fatto anche diversamente: una città ordinata, con geometrie rassicuranti e spazi dove le azioni umane sono completate dall'ingegneria delle macchine e tutto sembra svolgersi secondo un superiore disegno in cui l'uomo non è più colpevole, ma il destinatario innocente di tanta armonia. In entrambi i quadri gli esseri umani possono realizzare i propri desideri che sono sempre puri e giusti, e non sono condannati all'infelicità ed alla solitudine. Certo prima occorre affrontare il cammino di iniziazione, per elevarsi dalla propria condizione ed essere degni di essere ammessi a far parte della società che abita quel regno. Poi, per coloro che ci riescono, con l'ausilio di Iside ed Osiride, c'è finalmente la condizione della felicità. Ed allora io chiedo, ad Iside, a Osiride, a qualunque essere soprannaturale che possa rispondere, a quali prove mi devo ancora sottoporre, e quanto dolore e sofferenza devo conoscere (ammesso che ne abbia conosciuto in passato), oltre quali distese di solitudine devo lanciare il mio cuore, quanta tristezza devo conoscere, quante colpe devo espiare anche non mie, quanti tormenti mi devono lacerare, quanta strada devo percorrere, quanto ancora mi devo migliorare, perchè un giorno possa far parte di quel gruppo di eletti. Là ci troverei ad accogliermi Papageno, che nonostante fosse molto imperfetto, un pò vigliacco, sicuramente dedito ai piaceri della carne più che dello spirito, ma anche lui inizialmente solo, ce l'ha fatta. La musica finisce, ora subentrano le voci, il paesaggio che scorre fuori del finestrino del treno si è fatto più buio.

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