mercoledì 14 gennaio 2009

Sono solo un gigolò!

Può l'alienazione di un grande musicista condizionare la sua musica ? Già, alienazione, perchè Monk si comportava e viveva come se non gli importasse nulla del mondo circostante, o comunque confinava nel più piccolo perimetro possibile gli scambi che aveva con l'esterno. Questo è quello che racconta una certa agiografia sensazionalistica su Monk: eppure basta guardare questo video, e socchiudere ad un tratto gli occhi per provare la sensazione avvolgente di un fiore dal profumo finissimo che ti avvolge! E' poesia, è vita ridotta alle impressioni più semplici, quasi una silhouette. Monk da solo valeva un'orchestra, per la sua capacità di ficcare tra i tasti del pianoforte tutta una formazione! Un quartet, un quintet, era tutto nella sua mente. Quando vedo ed ascolto Monk suonare solo, m'illumino: una sorgente di note nella sua mente che zampilla nelle mie orecchie. Ed allora dov'è l'isolamento?

Prima di chiudere però voglio essere eretico, o forse no! Ecco un accostamento sullo stesso tema, molto più leggero questa volta. I Village People, che a ritmo dance e con un'esibizione sicuramente molto più originale di tanti video confezionati oggi, si cimentano con questo standard. Chi ha detto che in discoteca bisogna mettere solo YMCA ? Notare il baffone, il pellerossa, il cowboy. Se fossi un produttore musicale, con un gruppo del genere farei i miliardi!

Ho studiato: "Just a Gigolò" è un adattamento, fatto nel 1929 da Irving Caesar, di un motivo austriaco, "Schöner Gigolo" composto un anno prima. La situazione del testo originale è quella di un ussaro, dopo la I Guerra Mondiale, che si lamenta della decadenza della società austriaca, mettendo a paragone il tempo di quando sfilava con la sua uniforme scintillante con il presente che lo vede costretto, per sbarcare il lunario, a fare il "ballerino" a pagamento!
Allora i Village People vanno bene per questa canzone!

giovedì 8 gennaio 2009

GLI OCCHIALI


Io sono fuoco, per me si consuma la tua vita. Guardo nei tuoi occhi alla ricerca di un fondo di verità: trovo solo cenere! La tempesta è già passata, abbattendosi sulle nostre fragili certezze. I capelli sono caduti e mentre dirigo la mano sul grilletto della pistola, m'accorgo che io non sono esistito. Io sono niente e non si può uccidere il nulla. Ecco la condanna!”

Questo è tutto quello che leggo sul foglio spiegazzato, disteso sul comodino. Non c'è altro nella stanza, non ho trovato niente sottosopra. Sono stato assunto dalla signora Cicogna per ritrovare il figlio, Vladimiro, del quale non ci sono più tracce da ormai due anni. Un periodo trascorso in Danimarca, sotto un discreto anonimato; il successivo ritorno in Italia, a Roma, una breve parentesi in casa della madre. Poi più nulla.

Ho speso le mie migliori energie in questo caso, fatto centinaia di domande in giro: nessuno sa nulla. E' come se Vladimiro Cicogna non fosse mai esistito.

Mi avvicino al balcone della stanza; la casa dà sul mare e, a poca distanza, si vede la spiaggia deserta, con piccole ondate che lambiscono il bagnasciuga. Possibile che una persona, un essere concreto con dimensioni non trascurabili, anche di gradevole aspetto, a giudicare dalle poche fotografie in mio possesso, possa scomparire così?

Non so più dove sbattere la testa! Una voce nasale e sgraziata alla radio annuncia che il governo ha decretato il coprifuoco nella capitale: le pattuglie in giro per le strade stanno compiendo arresti in massa tra gli studenti e nelle fabbriche. Le carceri sono piene. La stessa voce sgraziata – la radio non è ben sintonizzata – prosegue con le rassicurazioni del governo che la situazione sarebbe presto tornata sotto controllo, e che i facinorosi sarebbero stati arrestati tutti. Rimango fermo sul balcone a guardare il mare, e a pensare a come qualunque cosa possa scomparire nel mare. Assaporo lentamente la sigaretta che sto fumando. Non ho voglia di ritornare nel mio ufficio, anche se dovrei decidermi presto, se non voglio incorrere nel rischio di violare il coprifuoco. E poi la vista del mare cancella ogni pensiero dalla mia mente.

Decido di trascorrere qui la notte: in fondo il letto c'è, non ho bisogno di altro.

Dopo un paio d'ore sono disteso sul letto, domandandomi la ragione di questo insuccesso professionale. Non che non ce ne siano stati altri prima, ma questo mi lascia un senso di inquietudine, per un motivo che non riesco a spiegarmi.

Prima di addormentarmi mi volto verso il lume sul comodino e mi accorgo di un particolare che, stranamente, prima non avevo notato: un paio di occhiali. Vladimiro Cicogna non portava occhiali!