giovedì 7 agosto 2008

DELLA PERDITA DELL'INNOCENZA



Il mare è tutto per me, un inesorabile ventre materno nel quale sogno di essere riaccolto come per riparare ad una promessa mancata.
Ho imparato tardi a nuotare: quando avevo sedici anni mia madre mi mandò ad un corso di nuoto. Di solito dalle mie parti i bambini apprendono naturalmente come si nuota, quasi per istinto. Io no.
Da bambino l'asma ed una salute pessima mi impedivano di essere come tutti gli altri. Le gioie di una semplice corsetta erano tabù, iniziavo subito ad ansimare e mi mancava il respiro.
Quando seppi nuotare, fui preso dalla smania invincibile di allontanarmi, di andare sempre più al largo, era come una droga. Vivevo quello stato di anfibio come la condizione più naturale, rimanevo in acqua così tanto che uscivo con la pelle talmente raggrinzita da sembrare squamata.
Sento ancora oggi il bisogno del mare, ma un nuovo, sconosciuto, dolore ha incominciato ad attanagliarmi negli ultimi anni: la paura della distesa d'acqua attorno a me. Non riesco più ad allontanarmi come prima, un senso di angoscia e di soffocamento mi assale quando smetto di nuotare e mi rivolgo verso la riva, alla ricerca delle certezze della terraferma. Non posso credere di essere diventato all'improvviso affetto da pelagofobia.
Eppure il cielo mi sembra un sasso, il mare la carta che lo avvolge ed io sono nel mezzo.
Per tanto tempo i miei sensi, anche quelli interiori, non hanno più avuto vicinanza con il mare, parlo di respirare le schiume delle onde sprigionate nell'aria, una presenza più avvolgente della salsedine, quella continua parvenza di onde tra i palazzi ed i monumenti.
Come fai a far vivere tutto ciò quando il mare sta a decine di chilometri di distanza e non ne avverti più la contiguità fisica? Un divorzio che si consuma inconsapevole, giorno dopo giorno. Poi, all'improvviso, scopri che l'elemento vitale di ieri cela minacce inaspettate.
Eppure sento che non posso fare altro che vincere quella paura. Tra qualche giorno rivedrò il mio mare, quell'Adriatico in grado di assumere quella tonalità azzurroverde unica, soprattutto nei giorni di inverno. So già che mi sentirò appagato alla sola vista: quando ritornerò nelle acque conosciute e sarò abbastanza lontano dalle rocce, devo restare calmo e ricordare che quel mare non può essermi nemico, ricordarmi di quando ero ancora innocente.

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