domenica 30 novembre 2008

MORALISMO

Quello che leggo, le scene a cui assisto, le parole che scrivo, quelle che ascolto e quelle con le quali riempio i miei discorsi, tutto, tutto quanto intorno a me, in questi ultimi giorni, mi dipinge una fotografia sbiadita, di persone che si muovono su uno sfondo a tinte smorte. E' il pessimismo, la mancanza di fiducia, credo. La fiducia è quell'inclinazione a ritenere che, qualunque avvenimento ci accada, abbiamo comunque nelle nostre corde la possibilità di governare gli eventi, che esiste sempre e comunque la possibilità di una via di fuga da tutti i mali. Parlo dell'Italia e di quello che percepisco nella società in cui vivo. I media, o per lo meno ciò che viene servito dall'informazione controllata (collusa?) all'uomo medio, ripetono a martello che c'è una grave crisi in corso, che le prospettive per il futuro sono tutt'altro che positive, che i mercati crollano, le aziende licenziano, le famiglie mortificate da questo ripiegamento amaro non arrivano a quella frazione di mese che viene considerata come la soglia temporale superata la quale diventa panico ciò che prima era preoccupazione (è un rilancio al ribasso, dalla quarta settimana, si è passati alla terza, ora qualche sensazionalista parla di seconda settimana). La TV, la radio, i giornali continuano a vomitare questa sinfonia crepuscolare di notizie. A volte ho la sensazione che ci siano dei sacerdoti ben avveduti che godono a celebrare questa decadenza, e tutto il tono generale è di rassegnazione, come se ci si sentisse tramortiti dalla piega che stanno assumendo gli eventi e si accettasse quello che viene raccontato come il futuro peggiore, inesorabilmente peggiore, senza avere la forza nemmeno di immaginare una via alternativa.

Possibile che in tutto questo bailamme non ci sia una voce che onestamente sia in grado di ragionare sulla trama degli eventi ? Probabilmente se qualcuno vuole tentare un'analisi oggettiva, viene coperto ed annientato dallo strombazzamento di sensazionalismo catastrofico dei sacerdoti della crisi.

Io credo che la crisi sia, prima che economica, una crisi morale: qui non vorrei essere frainteso, dato che io non lego la sfera morale alla dimensione religiosa, piuttosto che alle ideologie politiche in senso stretto. La morale può essere declinata a vari livelli e, alzando il punto di vista, essa è un un insieme di principi che guidano (o meglio, dovrebbero guidare) le attività umane, all'interno di un gruppo allargato di società, caratterizzate anche da culture diverse, per un generale miglioramento delle condizioni materiali e spirituali di tutti gli individui appartenenti a quelle società. Detto in altri termini la morale che intendo io, che forse si potrebbe definire come “naturale”, è l'insieme delle regole che dovrebbero far sì che il maggior numero possibile di persone possa vivere bene, con le risorse a loro disposizione, e che questa condizione si possa propagare alle generazioni successive. Allora, alla luce di ciò, abbiamo vissuto in una condizione di falsa morale per troppo tempo, illudendoci che il nostro modello di vita non fosse negoziabile, che il postulato della crescita indefinita dei fatturati non fosse negoziabile, che lo stato potesse continuare ad indebitarsi indefinitamente, che l'ambiente naturale fosse in grado di assorbire sempre e comunque senza ripercussioni gli effetti delle azioni dell'uomo legate a tutto questo modo di pensare e vivere. E' il capitalismo ? Non so, non direi che si tratta solo di quello, anche il socialismo, perlomeno nelle realizzazioni che si sono avute concretamente, ha portato ad un'esagerazione parossistica analoga a quella del capitalismo, anche se di segno contrario.

E' la morale che cade e non ce ne accorgiamo: perché, prima o poi, ci sarebbe dovuto essere un collasso, un punto di rottura, prima o poi la rapacità innalzata a status di primato avrebbe dovuto mostrare il vero volto dell'ipocrisia: non si può continuare all'infinito a depredare, ad ignorare gli effetti negativi di un'epoca di scelte sbagliate, dettate dall'egoismo. Prima a poi la benzina finisce e la macchina si ferma. E la globalizzazione, con i suoi cortocircuiti planetari, non ha fatto altro che accelerare il processo di crisi. Bisogna ritornare ad essere moralisti, ma della vera morale, bisogna riscoprire la centralità dell'umanità, riportarla al fondo vero delle scelte politiche, soprattutto non lasciare che ci impongano una visione della realtà che è sempre ad uso e consumo dei soliti oligarchi. Riscoprire la centralità dell'umanità significa anche capire che le azioni e le scelte collettive hanno una dimensione in cui il pianeta è il sottofondo ineliminabile, per cui i ragionamenti devono tenere conto anche delle relazioni ambientali. E allora, di fronte al fondo pessimistico che viene dipinto, possiamo decidere di rimanere a bocca aperta e mangiare il cibo premasticato che ci viene passato oppure incominciare a modificare atteggiamento e reagire, alla luce di una morale nuova da costruire, migliore della precedente. Il punto è tutto qui. E incomincia da ognuno di noi. Non ho la risposta ai grossi interrogativi che ci attanagliano, dico solo che il riscatto deve incominciare dal basso, non mi aspetto nulla dalle classi dirigenti di qualunque tipo e colore, colluse con il passato.

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