martedì 29 marzo 2011

Lettera d'amore all'antenata


Vedo nei grigi soffusi del tuo viso in penombra il delicato racconto di un'altra vita, una presenza anteriore che cova nelle ceneri di uno sguardo spaurito. Era bella, sembra bella, e mi confonde con il suo mistero di musa mai conosciuta. Il suo volto è l'intreccio di mille immagini che hanno fatto si che tu fossi qui davanti a me, ora. Quella donna non conosceva pause nel suo modo di camminare, era lenta, costante, come una pausa di pianoforte tra due note alte. I suoi sforzi erano la pazienza e la forza della sopravvivenza, di una presenza debole e coraggiosa. Quegli occhi nerastri avevano perso tutto, ma volevano solo vedere più oltre l'orizzonte per cercare di uscire fuori dal groviglio della miseria. Era la fuga, era la volontà dell'amore che la spingeva a resistere alle angherie, ai morsi della fame, alle storture di un'esistenza monotona e desolante. E quando le stagioni si ripetevano uguali nella delusione delle speranze disattese, lei diventava ancora più minuta ma più bella: quella bellezza scaturiva da un gesto semplice, di un pettine passato con misurata lentezza tra i capelli anneriti dalla fuliggine del suo rifugio ed irrigiditi dall'umidità di un'aria cattiva.
Che ne sarà di lei ora che tu mi volti le spalle frugando altrove quelle risposte che io non ti ho potuto dare? Quel gesto, del cappello indossato all'incontrario e calcato sulla fronte, con un ciuffo che spunta all'infuori, mi congeda dalle mie responsabilità di persona evanescente. E mentre mi ripeto in un salmo di fedeltà inutile, quasi un auto da fé, il tuo nome, cerco invano di cogliere l'essenza dell'altra, della presenza nascosta che va via con te, l'unica donna forse che abbia mai amato veramente e che mai un passato da me non conosciuto mi restituirà.

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