domenica 26 dicembre 2010

Il soldato Lang

Origine dell'antieroe. Infanzia. Scoperta della diversità: la donna



L'estate di due anni fa fu chiamata l'estate dei grilli perchè nei campi e tra gli alberi e le verdure negli orti ne saltavano così tanti che gli occhi di chi guardava si scombinavano con le immagini: sembrava apparire una nuvola grigio arancione di puntini impazziti che si sciamavano contro. Bisognava poi capire il motivo di quella inondazione, e qualcuno doveva pur farlo se si voleva continuare ad avere un'agricoltura e soprattutto dei prodotti da vendere nei mercati. Ma questo a Lang non interessava. Appoggiato al tronco di un albero, restava fisso, sdraiato sul terreno, avvolto, come in un bozzolo, dallo sciame elettrico dei grilli che gli zompettavano sulla testa. E i suoi occhi guardavano fissi verso l'orizzonte, al di sopra della collina alla quale si addossava la città. Una colonna di fumo saliva in alto. Lang sapeva di cosa si trattava. Oltre quella collina c'erano tredici chilometri di trincea, ed anche se quella trincea era più immaginata che veramente scavata, gli sembrava come una barriera metallica, contro la quale cozzavano i due eserciti. Quegli urti gli avevano cambiato l'esistenza negli ultimi cinque anni: più che altro si trattava di assalti alla baionetta, di tiri di fucile, di scambi di mitragliatrice, di fraseggi di mortaio. A volte i fuochi, specie di notte, erano così intensi, così continui che pareva che due grandi braccia si stringessero le mani da entrambi i lati della trincea. A tutto questo ripensava Lang, immerso nel ronzio dei grilli, anzi non pensava affatto, tanto era diventato monotono quello spettacolo.
In quella landa di terra senza particolari attrattive la guerra aveva eletto uno dei suoi pulpiti più appassionati: le operazioni erano intense, gli uomini si fronteggiavano senza risparmiarsi, gli assalti dall'una e dall'altra parte non si contavano più. Soprattutto quello che stupiva era la riserva di uomini in grado di andare a morire: questo serbatoio sembrava inesauribile. Lang contemplava dalla sua posizione di riposo sotto l'albero quelle sequenze di operosità bellica e, nello slancio poetico che gli era proprio, non poteva fare a meno di paragonarle allo scattare dei grilli sopra la sua testa.
Dicevo che quella guerra gli aveva cambiato la vita, perchè aveva modificato drasticamente le sue abitudini: tanto per cominciare aveva limitato le sue possibilità di movimento, restringendole ad un solo lato del campo di battaglia, quello delle contrade a sud della collina, un territorio sconosciuto che non gli apparteneva perchè non apparteneva alla sua infanzia ed alla sua giovinezza. Lang era cresciuto nella città di Saint Augustine, quella rocca di case di pietra che si stendeva sull'altro fianco della collina. I tetti della parte più alta facevano capolino sulla cima dell'altura. Di Saint Augustine ricordava i vicoli angusti ricolmi di ombre e di frescura durante l'estate, quei vicoli pieni di nascondigli dove passava i pomeriggi interi, quando aveva otto anni, ad aspettare che passasse Marghreth. Ogni pomeriggio, dal mese di giugno a quello di settembre, Marghreth scendeva giù, attraverso la via principale, in compagnia della zia e Lang appiattito dietro le scale di un uscio, in uno dei tanti vicoli laterali, stava lì a guardarla, rubando quei momenti della sua passeggiata, con la bocca aperta ed un filo d'erba di traverso incollato alla piegatura delle labbra. La ragazzina camminava con le gambe leggermente arcuate e i piedi rivolti verso l'esterno, con dei saltellii che inscenavano una specie di danza improvvisata, mentre la zia con degli strattoni improvvisi cercava di guadagnare la nipotina ad un percorso più disciplinato. Marghreth aveva i capelli rossi con due trecce laterali che ciondolavano attorno alla sua testolina e portava sempre un vestitino con la gonnellina così inamidata da essere quasi sollevata. Dopo che il piccolo corteo delle due donne era passato, Lang usciva dalla sua tana e, cercando nuovi nascondigli, le seguiva per un tratto di strada. I continui cambi di direzione di Marghreth lo costringevano anche a buttarsi improvvisamente a terra, in qualche fosso oppure dietro qualche scalinata, per non farsi vedere. Sempre il suo inseguimento cessava alla fontanella del corso, dove si rinfrescava i capelli biondi dall'arsura estiva e ripensava alla pelle dolce e delicata di Marghreth. Non c'era niente da fare a Saint Augustine per un ragazzo come Lang, in particolare per lui che evitava di andare a scuola, avendo anche il privilegio di non essere appesantito dalle botte di genitori o di altri parenti custodi. Nessuno ricorda di averlo mai visto, quando era bambino, in compagnia di un adulto e nessuno a quel tempo si curava di sapere dove vivesse quel bambino e come facesse a mangiare. Prendeva il cibo dove capitava, magari in alcuni casi si sarebbe potuto dire che rubava, ma non era propriamente così.
Dall'inizio dell'adolescenza incominciò a frequentare due individui, due coetanei, e si formò un trio di contemplativi. C'era Cirillus, un ragazzo molto alto, magrissimo, le cui guance incominciarono molto precocemente a riempirsi di peli irregolari. Questo accenno di barba, uno sguardo scavato e quasi incupito e il fatto che non parlasse mai, che stesse sempre zitto, quasi avesse fatto un voto del silenzio, gli davano un'aria di maturità, un'età superiore ai suoi anni veri. Poi c'era Petit, il più basso, dal corpo tozzo e le gambe corte, con un collo largo quasi quanto le spalle e la testa quasi calva con un ricciolo di capelli irti. Ecco, a guardarlo da lontano sembrava un mozzicone di candela in procinto di essere acceso. Cirillus, forse proprio per la sua apparente anzianità, era di solito preso di mira dagli altri due nei loro scherzi, che erano a volte pesanti, come per esempio cospargergli la testa di ogni specie di insetti, mentre era appisolato sul prato, oppure orinare sui suoi piedi, quando rimaneva assorto nei suoi pensieri mentre fumava. Erano dei contemplativi, perchè la loro occupazione prediletta era non far nulla, l'ozio, possibilmente sdraiati da qualche parte a guardare in qualche punto imprecisato del cielo o della terra, e di tanto in tanto rompevano questo stato di quiete lanciandosi qualche sasso. Lang prese a pensare spesso a Marghreth, anche se si può dire che non fosse ancora stato colto da una forma di innamoramento, era solo che stava attraversando il periodo in cui i maschietti scoprono la presenza delle donne, incominciano a coglierne le differenze e sono portati in uno stato di affascinata curiosità da tutto questo. Ogni giorno trovava il modo di farsela comparire nelle vicinanze, come se l'avesse evocata, sempre in compagnia di qualche adulto. La prima volta che la sorprese sola fu quando lei si allontanò dalla zia, dando un secco strattone alla mano di lei, per andarsi a rintanare dietro un cespuglio ad orinare. Lang era nascosto dietro un masso vicino al posto dove era lei, perchè l'aveva seguita in uno dei suoi pedinamenti pomeridiani, ed osservava tutta la scena, trattenendo il respiro. Lei volgeva le spalle a lui, con le palme delle mani puntate sul terreno e la testa protesa in avanti. Lang vide per la prima volta un ciuffo di peli scuri dal quale fuoriusciva un getto liquido, come una fontanella, ed i suoi occhi stettero per strabuzzare. Stette impietrito e senza respirare per una manciata di secondi interminabili mentre nel suo petto il battito correva furioso. Poi lei, con un gesto rapido, strappò dell'erba e se la passò lì come uno straccio, si alzò, si risistemò le mutandine e il vestitino e scappò via. Il ragazzo rimase sul luogo della scena come una statua, con uno sguardo allucinato ed un accenno di sorriso, finchè non scoccò uno schiaffo con una manata potente di Petit a risvegliarlo. Da allora pensò spesso a quella strana ed attraente peluria e cercò di procurarsi altre occasioni per osservarla, sia addosso a Marghreth sia addosso ad altre donne. E spesso ci riusciva. I tre incominciarono a condividere questo tipo di passatempo e questa loro ricerca li rafforzò nella posizione di contemplativi.
Facevano a gara a chi riusciva ad occhieggiare più cimeli di quel genere e, dopo ogni avvistamento, si scambiavano dettagli, racconti concitati, finendo a volte per litigare quando non erano d'accordo su qualche particolare importante. Entrarono così nell'alba della giovinezza, senza crescere veramente, con l'incoscienza del gioco propria dei ragazzi. Per facilitarsi il compito in queste ricognizioni di donne nude o semi spogliate, considerando che per strada le loro prescelte andavano camminando vestite e che quindi gli avvistamenti all'aperto erano pressochè impossibili, decisero che dovevano alzarsi da terra per puntare i loro occhi indagatori nelle stanze da letto o nei bagni dei piccoli caseggiati di Saint Augustine, dove era più probabile che si aggirassero quegli strani animaletti pelosi che le donne portavano addosso. E perchè il sistema funzionasse davvero si aiutarono con una scala che avevano preso nel fienile del padre di Cirillus. E così attrezzati riuscirono ad effettuare molti più avvistamenti che in passato, e molto più comodamente. Siccome sulla scala non si poteva stare in tre, ogni volta, dopo averla messa in posizione, tiravano a sorte per decidere chi sarebbe salito di vedetta. Una scala appoggiata ad un muro con un ragazzo in cima intento ad osservare all'interno di un'abitazione poteva forse costituire una scena non gradita per i passanti che vi si fossero imbattuti, soprattutto di giorno, per cui i tre, per essere sicuri di agire in tutta tranquillità e senza essere scoperti, pensarono bene di dedicarsi alle loro esplorazioni durante la no‪tte, cosa abbastanza semplice per Lang che viveva solo, mentre Cirillus e Petit dovevano furtivamente sgattaiolare fuori delle loro case, di nascosto dalle loro famiglie. Il luogo convenuto per questi raduni notturni era accanto ad un vecchio pozzo asciutto, fuori città, al cui interno nascondevano la scala. Quando si incontravano, senza parlarsi, si cimentavano in una specie di rituale di reciproco incoraggiamento, durante il quale si lanciavano delle occhiate a metà tra il divertimento e la sfida e subito dopo incominciavano a spintonarsi e a prendersi a capocciate nello stomaco, come torelli che si lucidavano le corna in procinto delle cariche. Quando erano sufficientemente indolenziti ed impolverati ed anche con i capelli pieni di fili d'erba, disciplinati come uno squadrone d'assalto, prendevano la scala, se la caricavano sulle spalle, infilando le teste fra gli scalini, e, con passi silenziosi, si dirigevano alla volta della casa dove avevano deciso di fare l'avvistamento. Per potersi muovere più agilmente, senza intralciarsi, data la differenza di altezza, si sistemavano in modo da avere Petit a prua, Lang nel centro e Cirillus a poppa di quella immaginaria scialuppa. La formazione cosiffatta funzionava a meraviglia, solcando veloce le onde dei girasoli agitati dai soffi del vento notturno: agli occhi di occasionali ubriachi, che si fossero imbattuti in quella scena al chiaro di luna, si presentava l'illusione di un serpente a tre teste che scivolava in un sibilante fruscio sulle onde del prato, quasi una magica creatura della notte.
La scelta della donna da sottoporre ad osservazione non era mai lasciata al caso: i tre non prendevano in considerazione le più belle ma quelle che secondo loro potevano aggiungere qualche elemento di novità al loro campionario ormai vasto di immagini rubate. Il più delle volte si trattava di donne mature, grasse, dal fisico generoso o comunque con qualche caratteristica del corpo che lasciasse in qualche modo presagire nuove scoperte. Una volta decisa la donna, Petit, che era quello dei tre con più facilità a nascondersi data la statura, la pedinava per scoprire dove abitava e come si dovesse impostare l'operazione di avvistamento. Quando la prescelta si infilava nell'uscio di quella che aveva l'aria di essere la sua abitazione, Petit, da bravo soldatino scrupoloso, rimaneva nelle vicinanze per avere la con​ferma che ella abitasse proprio lì e per capire quale fosse la finestra giusta dove guardare all'interno e dove andasse sistemata la scala. Era un'operazione vera e propria di assedio, in cui la vittoria era assicurata dalla cura di ogni minimo particolare. Bisognava dunque stabilire quale finestra fosse la più adatta per osservare - e qui c'era sempre un certo margine di incertezza - e quale era lo scorcio di muro contro cui appoggiare la scala, che era ormai una vera e propria macchina da guerra, quasi un ariete di quelli usati nel passato per dare l'assalto ai muri di cinta delle città. Infine bisognava fare in modo da raggiungere l'obiettivo possibilmente al primo tentativo, perchè, se si fosse dovuta ripetere tutta l'operazione una seconda od anche una terza volta sulla stessa abitazione, sarebbe stato molto probabile per i tre essere colti in flagrante e a quel punto non rimaneva che darsela a gambe, a gambe levate, con la scala che andava assolutamente recuperata. Non era infrequente, ai soliti ubriachi, sempre persi a contemplare la luna di notte, rivedere lo stesso mostro tri-cefalo correre goffamente fuori del centro abitato, nella campagna deserta, al sicuro da possibili inseguitori.
Per i tre ragazzi quella che forse non era un'iniziazione alla vita era sicuramente l'occasione per crescere senza che il peso della responsabilità, di qualunque tipo di responsabilità, li facesse diventare veramente vecchi prima di essere veramente giovani.
Una volta decisero di compiere un avvistamento sulla zia di Marghreth, più simile ad un corvo che ad una donna per la severità della sua camminata, fatta di passi ampi e tutti uguali, e per il fatto che si guardava attorno con movimenti rapidi e duri del collo, mantenendo invece la testa immobile. Non sembrava davvero un essere umano, soprattutto per Lang era la macchina di sorveglianza di Marghreth. I tre erano decisi a capire cosa ci fosse sotto i suoi abiti, se un corpo umano, con parvenze, anche vagamente, femminili, oppure uno spaventapasseri dotato di movimenti umani e magari anche di un'anima. Per la zia di Marghreth decisero di mettere in pratica un piano diverso dal solito: la donna viveva sola in una casa all'interno di un campo incolto recintato, fuori città. La casa era circondata da alberi non curati e cespugli frondosi, intervallati da ampie sterpaglie. Non era una casa colonica abitata da agricoltori operosi, era solo un'abitazione che si presentava in maniera sciatta agli occhi di chi si avvicinava ad essa. L'abbondante presenza di vegetazione tutt'intorno faceva sì che fossero disponibili molti punti di osservazione, dai quali si poteva guardare verso il caseggiato, ed anche al suo interno, senza rischiare di essere scoperti. Questa volta si risolsero a fare l'avvistamento di giorno. Portarono come di consueto la scala, ma non la usarono perchè davanti alla finestra dove Petit aveva rilevato i segni della presenza della megera era piazzato, in posizione comoda, un grosso albero di nespole selvatiche: i rami in quel periodo erano pieni di frutti che li facevano incurvare tanto che qualcuno si spezzava sotto il peso dei pesanti grappoli di nespole. Il tronco era nodoso e presentava diversi appigli da usare per la scalata. Tirarono a sorte e toccò a Lang andare su. Lang accettò riluttante forse perchè non gli piaceva di dover essere proprio lui a dover vedere nuda una persona che era collegata a Marghreth, verso la quale provava un premuroso riguardo. Ad ogni modo fece un'alzata di spalle, diede uno schiaffo a Petit, per darsi coraggio, e, inserito il piede in una cavità del tronco, balzò su. Quando giunse in cima si sistemò a cavalcioni di un ramo che gli sembrò robusto abbastanza per reggerlo. Rimase in quella posizione per qualche ora, con il sole estivo che gli scaldava forte la testa e gli aveva annebbiato gli occhi. Giù i suoi due compari si erano scelti dei rifugi di comodo dove aspettare indisturbati. Sonnecchiavano e di tanto in tanto si sentiva qualche sbadiglio imprudente. Lang aveva fissato lo sguardo dentro la finestra di fronte alla sua posizione, ma non riusciva a vedere granchè perchè i movimenti all'interno di quella stanza erano protetti dalla penombra e poi perchè la luce fuori si era fatta così intensa che gli sembrava di dover osservare attraverso un lenzuolo bianco: tutto gli appariva sfocato. Sotto la cottura del sole era entrato in una condizione di dormiveglia ed era rimasto con la testa appoggiata al tronco. Era messo ancora così, quando sentì improvvisamente scricchiolare una porta all'interno. Aprì gli occhi e cercò di mettere a fuoco quello che avveniva nella stanza: l'apertura di quella porta aveva portato la luce di una lampada che ardeva nella stanza accanto e, senza più l'ostacolo della penombra, si riusciva a vedere chiaramente quello che avveniva. Una figura di donna, avvolta in un panno bianco, entrò, Lang capì che stava uscendo dal bagno, perchè si intravedeva una vasca dietro di lei. Quella era la zia che si stava vestendo, quindi tra qualche istante avrebbe visto ciò per cui era salito su. Lei infatti si tolse il panno e rimase nuda, ma un lamento sordo rimase strozzato nella gola di Lang quando si accorse che lei non aveva addosso nessun animaletto peloso, come tutte le altre donne che avevano visto. Era stranissimo perchè sembrava che lei fosse nuda anche in quella parte del corpo e che lì ci fosse, tra le gambe, una fessura, quasi un taglio. Lang non si aspettava questa novità e si spostò in avanti sul ramo per guardare meglio. Quello che accadde dopo fu questione di secondi: dal bagno uscì una figura di uomo, nudo questa volta, che, con il naso adunco puntato fuori dalla finestra, si accorse della figura sull'albero e subito urlò ed afferrò una mela dal vassoio per lanciarla contro quel ramo. Proprio in quel momento Lang, scoperto, perse l'equilibrio e si aggrappò ancora più stretto al ramo, ma questo, sotto il peso delle nespole e dell'intruso, si spezzò nel medesimo istante in cui la mela arrivava. La mela non centrò il ragazzo, che stava già cadendo, ma sibilò tra i rami. Lang cadde a corpo morto sul terreno e subito fu investito da una pioggia di vespe: la mela infatti aveva preso in pieno un nido tra i rami del nespolo e le vespe inferocite si erano riversate sul corpo del ragazzo che incominciò ad urlare per le punture degli insetti. Cirillus e Petit, vista la situazione, riempirono due secchi dall'abbeveratoio e li rovesciarono a piccoli getti su Lang che si contorceva per terra come un matto. Alla finestra c'era l'uomo che minacciava agitandosi contro quei ragazzi: era Bertus il cantiniere, l'avevano riconosciuto, un'uomo timido, che non metteva mai il naso fuori dalla bottega. I tre ragazzi si lanciarono occhiate di intesa e visto come tutto era finito incominciarono a ridere fragorosamente ed a lanciarsi altre secchiate addosso, il che era un piacere nell'arsura del meriggio estivo. Ridevano in mezzo agli spruzzi d'acqua e lanciavano anche qualche sasso contro la finestra da dove Bertus inveiva. Lang, mentre era a terra, intento a ribattere ai calci di scherno degli altri due, si accorse di due occhi che lo fissavano dal fienile accanto al piazzale: era Marghreth che osservava tutta la scena, per niente divertita. Il ragazzo continuò ad urlare e a scalmanarsi con i suoi amici, ma la sensazione di quello sguardo, che gli sembrava di rimprovero, gli trasmise una certa inquietudine. Più tardi, mentre una scala con tre paia di gambe correva nei campi, verso Saint Augustine, il piazzale rimase presidiato solo da un cane marrone che guaiva solo.

(A Fiamma)

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