martedì 21 luglio 2009

L'INVASIONE - 1

Vasta è la notte e la luce intensa della luna rischiara tutta la spiaggia. Il rumore delle onde che si distendono su un tratto esteso di sabbia copre i rumori lontani ed attenuati dell'approdo. Ombre umane brulicano fuori da imbarcazioni con le prue a testa di dragone e procedono minacciose a passi lenti ma decisi verso la terraferma. Io assisto alla scena su una duna ripida, al riparo di una folta chioma di cespugli, unica vedetta di retroguardia di un'inesistente avamposto di difesa. Le stesse ombre crescono in dimensione, e le forme che si intravedono sono rozze e crudeli, e la scena non fa che accrescere i presagi nefasti che si disegnano nell'oscurità senza stelle. Uomini grandi, con corazze pesanti, elmi provvisti di lunghe corna e barbe ferrose ed imponenti guadagnano la parte finale del lenzuolo d'acqua, e i luccichii che lampeggiano numerosi in quel caravanserraglio lasciano indovinare molte spade sguainate e brandite per essere usate da subito. I rumori di voci che giungono dal branco sono per lo più latrati. Non c'è ordine nello schieramento, non c'è strategia, solo volontà di preda.

Il mio nome è Arcadio delle Sette Terre e sono un Difensore dell'Ordine del Sacro Mantello. I reggenti dell'Ordine insegnano che il mantello è appartenuto a Gesù Cristo, Nostro Signore, che dopo l'Ultima Cena lo ha affidato a San Matteo. La sacra reliquia è stata custodita dall'apostolo che l'ha tramandata ai suoi più fedeli seguaci. Essa ora protegge il regno franco di Nûr dai nemici e dalle epidemie, ed io e gli altri cavalieri Difensori stiamo a guardia delle coste e delle montagne, per respingere gli assalitori. Il re Arnulfo mi ha affidato l'alto compito di sorvegliare le coste delle Sette Terre, che si affacciano sul mare Oceano, ed io cavalco ogni giorno da un castello all'altro, sempre controllando che la linea dell'orizzonte sia piatta e sgombra da minacce. Non ho scudiero al seguito, cavalco sempre solitario in groppa al mio fedele destriero Nimbano, bianco e vecchio come me, ma ancora veloce sui garretti. E' il mio fedele compagno, di lui posso fidarmi come del mio braccio destro, quello con cui impugno la mia spada consacrata, Brandimarte.

Questa notte non promette nulla di buono. Gli invasori sono giunti sulla spiaggia ed hanno acceso dei fuochi guida per i loro compagni, ancora sulle navi, in procinto di sbarcare, e per quelli che ancora stanno avanzando con i ginocchi immersi nell'acqua. Un falò acceso di notte è sempre un gesto di imperizia ed imprudenza perchè la luce del fuoco tradisce la presenza di uno sconosciuto ai villaggi lontani, ma i guerrieri barbuti evidentemente si sentono spavaldi. Si urlano strane parole che non comprendo, i suoni sono forti ed aspri, ma il significato è chiaro: morte per gli abitanti delle Sette Terre. Sono da solo contro una soverchiante presenza ostile, gli altri cavalieri Difensori sono sui monti a fare da vedetta contro gli invasori che vengono dalle viscere delle province germaniche. Ho lasciato Nimbano a valle della duna, legato ad un albero. Il cavallo non nitrisce, ha avvertito il pericolo, lo ha fiutato e rimane dove l'ho lasciato, in silenzio. Il vento mi sferza la faccia ed io rimango a spiare le mosse dei miei nemici: non posso scoprirmi, non ce la farei contro tutti loro. Non ho un piano, nè di attacco nè di difesa: quando giungerà l'ora, il Signore saprà consigliarmi per il meglio.

Quando il mattino nascente rischiara il terreno sotto la collinetta su cui mi sono appostato, una scena terribile mi si rivela: la spiaggia si è riempita di guerrieri, che con urla e spade alzate si mettono in marcia verso il vicino villaggio di Erns, che sorge al centro della terza delle Sette Terre. Il villaggio è abitato da contadini servi del signore del vicino castello, insieme con le loro donne, i bambini e i vecchi. Devo trovare il modo di avvertirli del pericolo che stanno correndo, per salvare le loro vite e adempiere al mio dovere di Difensore. L'unico vantaggio che possiedo sui miei nemici è Nimbano, loro sono appiedati, io ho il cavallo: devo solo raggiungerlo in fretta e spingermi al galoppo verso il villaggio per urlare agli uomini di mettersi tutti al riparo con le loro famiglie. Ecco che il Salvatore, Mio Signore, mi ha bene consigliato, dopo tutti questi anni riconosco sempre la sua voce. Ora non devo perdere tempo: ho un piano, è semplice, devo solo far correre Nimbano. Mentre mi rotolo giù dalla duna, un suono potentissimo squarcia il cielo: sembra prodotto da un corno gigante. Quel soffio mi precipita ancora più veloce dall'erta, con un balzo sono in groppa al mio destriero che ha avuto la prudenza di non nitrire al richiamo del corno. Mi allontano piano, per non far sentire il rumore degli zoccoli, poi, quando mi credo abbastanza lontano, lancio il cavallo al galoppo. Nimbano non ha bisogno di essere spronato, ha capito da solo la minaccia sulle nostre teste.

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