venerdì 10 aprile 2009

REQUIEM


Maledetta la terra, quando distrugge e ingoia quel forno di stupore che è la vita. Benedetta la terra, quando, opponendosi al peso di quella stessa vita, la rilancia verso il cielo.

Vedo una distesa di bare e mi sembra tutto abbastanza falso per essere veramente accaduto. Non c'è stata una disgrazia in Abruzzo, una tragica fatalità. Già quando le lacerazioni del caso sono vere, dopo, al dolore si sostituisce la rabbia, quell'ostinata intenzione di ributtare al di fuori di te il male che ti è stato fatto. In Abruzzo ora si scopre che le case, che si sono sbriciolate colpevolmente sotto le scosse del terremoto, non erano costruite bene. Impasti fatti con la sabbia del mare, cemento non armato, ferri corrosi dalla ruggine. Abitarle era come trovarsi in una capanna in una valle, pochi secondi prima di una piena tumultuosa. Dicono che il dolore va elaborato, ma la verità è che non tutto si supera, specialmente quando la rabbia si mescola con la sensazione bruciante dell'ingiustizia. Qualcuno si è arricchito, costruendo palazzi fragili come castelli di sabbia, seguendo la stessa logica di rapina di chi ha fottuto i guadagni delle borse, di chi ha mandato in rovina folle di lavoratori incolpevoli: in fondo la dinamica è sempre quella, la mafia. Dicono che quello italiano è un popolo generoso, che nelle tragedie si vede il suo vero volto, le qualità migliori che lo rendono unico. Un popolo di figli di puttana, pronti a derubarsi l'un l'altro nella generale goduria, che non pagano le tasse, oppure un popolo di eroi del dolore, che sanno sempre ripartire prima e meglio degli altri, nel tempo della ricostruzione. Mi chiedo: quando diverremo solo un popolo di persone medie, quando lo sdegno e lo schifo di fronte ai marioli sarà la norma e non l'eccezione? Già è facile prevedere cosa accadrà a quei miserabili sfollati: molti rimarranno in sistemazioni precarie fino a non si sa quando, mentre le immagini ufficiali ci racconteranno di un'imponente ricostruzione, di facciata però, e all'ombra delle luci e di nascosto alle telecamere, si ricomincerà ad impastare con la sabbia e a costruire con i materiali di scarto. Perché il dolore è tuo, ma il portafoglio è mio! E' la memoria che ci frega, altresì detta integrità. Prima forse aveva un senso chiedersi: ce la faremo a salvarci? Ora mi verrebbe voglia di dire: al diavolo tutto, basta solo che non mi crolli il tetto sulla testa.

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